L’accatastamento di un’unità collabente è un passo essenziale per chi possiede un immobile in stato di degrado avanzato e vuole eliminare costi fiscali inutili. Classificare correttamente un edificio non più agibile nella categoria catastale F/2 permette di azzerare la rendita catastale, evitando il pagamento di IMU e altre imposte. Grazie a un servizio professionale e rapido, è possibile gestire l’intero processo senza complicazioni, con il supporto di esperti del settore.
L’accatastamento di un’unità collabente è un’operazione fondamentale per chi possiede un immobile in stato di degrado avanzato e vuole evitare il pagamento di imposte superflue. Secondo l’Agenzia delle Entrate, gli edifici privi di tetto, senza impianti funzionanti e inutilizzabili possono essere censiti nella categoria catastale F/2, che non prevede una rendita catastale e quindi esenta dal pagamento di IMU e TASI. La normativa di riferimento è il D.M. 2 gennaio 1998, n. 28, che stabilisce i criteri per l'inserimento di immobili fatiscenti nel catasto. Con il corretto aggiornamento catastale, puoi tutelarti da imposte ingiuste e gestire al meglio la tua proprietà.
L’accatastamento in categoria F/2 è indispensabile quando un immobile non è più idoneo a generare reddito o ad essere utilizzato. La Circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che un fabbricato deve essere privo di autonomia funzionale e reddituale per poter essere classificato come unità collabente. Questa procedura è spesso richiesta per ruderi, case coloniche abbandonate, edifici pericolanti o immobili oggetto di ingiunzione di demolizione. Se il Comune ha ordinato la demolizione totale o parziale di un immobile fatiscente, è fondamentale aggiornare la sua posizione catastale per evitare problemi fiscali e amministrativi.
Il processo di accatastamento di un’unità collabente deve essere gestito da un tecnico abilitato (geometra, architetto o ingegnere), che effettuerà un sopralluogo e redigerà una perizia tecnica per dimostrare l’inagibilità dell’immobile. La pratica viene poi trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate, che procederà con l’aggiornamento della classificazione dell’immobile. Questo passaggio è regolato dall’articolo 2, comma 1, lettera b, del D.M. 2 gennaio 1998, che consente di escludere dalla tassazione gli edifici dichiarati inidonei a qualsiasi utilizzo produttivo di reddito. Una volta ottenuta l’approvazione, la rendita catastale viene annullata e l’immobile non è più soggetto al pagamento di IMU e altre imposte.
Se un immobile pericolante riceve un’ingiunzione di demolizione da parte del Comune, è necessario procedere con una pratica di demolizione totale o parziale, a seconda dello stato del fabbricato. Prima di avviare la demolizione, è consigliabile richiedere l’accatastamento come unità collabente per sospendere il pagamento delle imposte fino alla rimozione dell’immobile dal catasto. La Risoluzione n. 4/DF del 20 novembre 2023 del Dipartimento delle Finanze conferma che le unità collabenti non sono soggette all’IMU, a meno che non siano assimilate a un’area edificabile. Una gestione tempestiva della pratica catastale garantisce un risparmio fiscale e la conformità alle normative vigenti.
Immagina di possedere un vecchio casale diroccato, inutilizzabile da anni e soggetto al pagamento di IMU e TASI come se fosse un immobile funzionale. Grazie alla procedura di accatastamento come unità collabente (F/2), il casale non avrà più una rendita catastale e non sarà più gravato da imposte annuali. Un nostro cliente ha recentemente ottenuto un risparmio superiore ai 1.000€ annui semplicemente aggiornando la classificazione catastale del suo immobile.
L’accatastamento di un’unità collabente è la procedura che permette di classificare un immobile in stato di degrado avanzato nella categoria catastale F/2. Questa operazione consente di eliminare la rendita catastale, esentando l’immobile dal pagamento di IMU e altre imposte. È essenziale che l’edificio sia privo di abitabilità e non utilizzabile per evitare problemi con il Catasto.
Accatastare un immobile come unità collabente consente di azzerare la rendita catastale e sospendere il pagamento di IMU e TASI. Questa classificazione tutela il proprietario da imposte ingiuste su edifici non abitabili o non produttivi di reddito. Inoltre, semplifica eventuali operazioni future, come una demolizione o una ristrutturazione.
Per l’accatastamento di un’unità collabente sono necessari una perizia tecnica redatta da un professionista abilitato, una planimetria catastale aggiornata e una dichiarazione che attesti il degrado dell’immobile. La pratica viene presentata all’Agenzia delle Entrate per l’aggiornamento della classificazione.
I tempi per l’accatastamento di un’unità collabente dipendono dalla complessità della pratica e dalla rapidità di elaborazione del Catasto. In media, una volta raccolta la documentazione necessaria, la procedura può essere completata in pochi giorni lavorativi.
Per l’accatastamento di un'unità collabente (categoria catastale F/2), la normativa di riferimento è il Decreto Ministeriale n. 28 del 2 gennaio 1998, che consente l’iscrizione al catasto senza rendita catastale per gli immobili inidonei a qualsiasi utilizzo produttivo di reddito. La Circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che tali unità devono essere prive di autonomia funzionale e reddituale per essere classificate come F/2.
La normativa catastale non impone obbligatoriamente la presenza di una pratica edilizia comunale per questa classificazione. Tuttavia, è opportuno verificare presso il Comune di competenza eventuali regolamenti locali che richiedano una comunicazione urbanistica o edilizia per certificare lo stato di degrado dell’immobile.
Se l’immobile è soggetto a un’ingiunzione di demolizione o a futuri interventi edilizi, potrebbe essere necessaria l’apertura di una pratica edilizia secondo il Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001) e i regolamenti comunali vigenti.